Comportamenti di disattenzione e/o iperattività sono piuttosto diffusi nei bambini, come naturali manifestazioni di fasi evolutive caratterizzate da esperienze nuove a cui il bambino deve adattarsi (ingresso nella scuola, relazioni con i pari). Tuttavia, quando questi comportamenti diventano disfunzionali all’acquisizione di nuove capacità nei contesti scolastico, familiare e relazionale, potremmo essere di fronte ad un bambino con Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI).
Premessa fondamentale a qualsiasi indagine sui disturbi psicologici in età evolutiva è che un bambino, in quanto tale, non può essere compreso se non alla luce del contesto in cui cresce e si evolve.
Ogni apprendimento è una questione relazionale in cui il bambino incontra emotivamente coloro che si occupano di lui.
Soprattutto per i bambini, non c’è apprendimento al di fuori della relazione.
Occuparsi dei disturbi psicologici nei bambini vuol dire rivolgersi ai contesti in cui il bambino si esprime, con uno sguardo comprensivo sulla relazione che quel bambino ha con coloro che si prendono cura di lui.
È necessario, quindi, creare un’alleanza con gli adulti (genitori, insegnanti, educatori) per permettere la comprensione di come la sofferenza di quel bambino si manifesta e di come ciò ha un impatto sui genitori, insegnanti, educatori tanto da provocare un ciclo disfunzionale che si autoalimenta.
Solo attraverso un percorso del genere è possibile introdurre un cambiamento in tutte le persone che costituiscono il contesto emotivo del bambino e permettere al bambino stesso di agire diversamente.
Su un piano puramente descrittivo sappiamo che, a differenza dei coetanei, in cui i comportamenti di vivacità non interferiscono con la normale evoluzione cognitivo-emotiva, i bambini con DDAI hanno uno sviluppo emozionale del 30% più lento rispetto ai pari, che determina un’immaturità caratteristica di bambini di età inferiore. Il disturbo comporta notevoli difficoltà di apprendimento, difficoltà relazionali e una serie di sintomi correlati (ansia, insonnia, oppositività, ritiro sociale). La scuola risulta essere l’ambiente in cui maggiormente si manifestano i sintomi comportamentali disfunzionali, in quanto il bambino disattento, iperattivo e/o oppositivo trova estremamente difficile rispettare le regole della classe e raggiungere apprezzabili risultati scolastici, pur manifestando adeguate capacità intellettive. I bambini con DDAI incorrono spesso in sospensioni, bocciature e abbandono scolastico.
La mancata identificazione della problematica porta spesso ad aggravare situazioni di difficoltà di apprendimento e di disagio scolastico.
Per arrivare a porre una diagnosi di DDAI è necessario ottenere molte informazioni sul bambino. Per fare ciò, oltre allo strumento dell’osservazione del bambino stesso, vengono intervistati più volte i genitori, gli insegnanti e le figure che eventualmente fanno parte del mondo del bambino (educatore, insegnante di sostegno, etc..).
Questo percorso conoscitivo è indispensabile per indagare l’eventualità di altre condizioni di disagio che potrebbero far escludere il DDAI (disturbi di apprendimento, disturbi d’ansia, disturbi dell’adattamento…).