Lo spazio della solitudine
La solitudine è una condizione che tutti noi sperimentiamo, in alcuni momenti.
Non sempre però questa è una scelta e, non sempre, questa esperienza è vissuta pienamente.
Dice Karen Horney «Tutti coloro che prendono seriamente se stessi e la vita, vogliono stare soli, ogni tanto.
La nostra civiltà ci ha così coinvolti negli aspetti esteriori della vita, che poco ci rendiamo conto di questo bisogno…Il desiderio di una solitudine significativa non è in alcun modo nevrotico; al contrario, la maggior parte dei nevrotici rifugge dalle proprie profondità interiori, ed anzi, l’incapacità di una solitudine costruttiva è per se stessa un segno di nevrosi.
Il desiderio di star soli è un sintomo di distacco nevrotico soltanto quando l’associarsi alla gente richiede uno sforzo insopportabile, per evitare il quale la solitudine diviene l’unico mezzo valido» (Karen Horney – I nostri conflitti interni).
Alcuni infatti scelgono la solitudine per rifugiarsi dal mondo esterno, dalle relazioni e dai rischi che esse portano inevitabilmente con sé, altri invece la subiscono come una condizione intollerabile, ansiogena.
Gestire la solitudine può essere molto difficile, spesso infatti è proprio in essa che mettiamo in atto i nostri meccanismi di autocritica, rimuginazione, auto-commiserazione.
Godere di questo momento e viverlo appieno è per molti un traguardo, che può
essere raggiunto solo quando essere soli non è un modo per ritrarsi dal mondo (un comportamento evitante) e quando i nostri meccanismi automatici sono già stati compresi e disinnescati.
Questo può avvenire grazie a una consapevolezza delle emozioni vissute in modo negativo, che proprio quando siamo soli tendono ad affacciarsi.
Solo quando siamo liberi di trovarci, in solitudine, di fronte a noi stessi senza l’impeto di fuggire da quella condizione, allora possiamo finalmente sperimentare la complessità, la profondità, l’intimità, la quiete.
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