La fine di una storia d’amore
Quando due persone si incontrano per formare una coppia, una famiglia, l’identità di ognuno dei due si intreccia con quella dell’altro per dare vita a un senso condiviso. Si costruisce progressivamente un modo di stare insieme, si stratificano le proprie memorie con quelle dell’altro, si alimentano progetti che nascono dal compromesso; si costruisce una nuova identità narrativa di cui l’altro è parte fondamentale.
Per alcuni la coppia, la famiglia può diventare il mezzo unico su cui si fonda la propria identità, non esistendo al di fuori di essa una vita in cui sia possibile riconoscersi. In questi casi, la fine della relazione, la rottura del matrimonio, viene vissuta come una vera e propria perdita di senso della propria vita.
Nel processo che segue alla fine del rapporto si cercano i motivi che hanno portato alla rottura, si indugia sui ricordi della vita insieme, si ripercorrono gli errori fatti. “Azioni che erano insignificanti acquisiscono un nuovo senso, eventi significativi sono considerati e riconsiderati, nuovi ricordi prendono forma, scene che non sono mai accadute, e che avrebbero potuto accadere, vengono immaginate” (Arciero, G. (2002). Studi e dialoghi sull’identità personale. Torino: Bollati Boringhieri).
La storia di Monique, protagonista del libro di Simone de Beauvoir “Una donna spezzata”, ci racconta il percorso di una donna che, dopo la rivelazione del tradimento di suo marito, deve fare i conti con ciò che rimane della sua vita. Attraverso il diario giornaliero che Monique inizia a scrivere poco prima di questa rivelazione, seguiamo il suo percorso emotivo nel tentativo di dare senso a ciò che è accaduto.
Monique è sconcertata, spaesata, angosciata da quello che verrà, tormentata dalla paura di dover lasciare andare quello che fino a quel momento era stato tutto il suo mondo, il matrimonio con Maurice e la loro vita familiare.
Tutte le certezze, costruite nella sua vita con Maurice e con le figlie, si sgretolano, aprendo lo scenario drammatico del vuoto che la attende.
“Quando si è talmente vissuti per gli altri, è difficile riconvertirsi, mettersi a vivere per se stessi”, dice Monique nelle prime pagine del suo diario.
Solo cambiando tutta la sua vita Monique potrebbe far fronte a questa frattura nel suo senso di identità ma proprio questa è la prospettiva che la spaventa.
L’assenza dell’altro, infatti, ci impone di rimetterci in gioco, di affrontare quei limiti personali che avevamo sedimentato nel corso della relazione e che non avevamo avuto più bisogno di affrontare e superare.
Ridare un senso alla propria vita, dopo la fine di una relazione è un percorso faticoso, un processo che può continuare per mesi “fino a che tutta la storia, così come è compresa, perde ogni immediatezza, e con l’emergere di una nuova identità narrativa è consegnata impercettibilmente al silenzio” (Arciero, ibidem).
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