“…non era la paura di un nuovo attacco che mi faceva star male quanto il fatto che fosse accaduto proprio a me.
Io, la persona forte, d’un tratto ero diventata debole…”
Il Disturbo da attacchi di panico (DAP) è per definizione un disturbo di origine ansiosa, molto diffuso nella popolazione, soprattutto fra le donne.
L’attacco di panico è caratterizzato da una serie di sintomi soggettivi, somatici e neurovegetativi, accompagnati da alterazioni cognitive e comportamentali.
I sintomi hanno di solito una prima “fase acuta” che può durare alcuni minuti, in cui emergono sensazioni di costrizione toracica, respiro affannoso, battito cardiaco accelerato, sudorazione, cui fanno seguito stati di confusione mentale, paura di morire o di impazzire, perdita di controllo delle proprie idee o azioni.
A questi attacchi drammatici e repentini possono seguire dei periodi di “ansia anticipatoria”, in cui il soggetto vive nella paura che l’attacco di panico possa tornare.
Il cuore del disturbo è la paura.
I sintomi sono il segnale che sta accadendo qualcosa, nella propria vita, che rappresenta un pericolo così grande da minacciare la propria stessa sopravvivenza.
Gli eventi di vita che si collegano all’emergere degli attacchi panico possono essere diversi, a seconda dell’importanza che ricoprono nella vita di ognuno.
Situazioni potenzialmente minacciose possono essere una separazione da un coniuge o da un fidanzato, la morte di una persona cara ma anche un matrimonio o la nascita di un figlio.
Il Disturbo di Panico può presentarsi con o senza Agorafobia.
È definita così la paura che si riferisce al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali può essere difficile o imbarazzante allontanarsi o nei quali non può essere disponibile aiuto in caso di Attacco di Panico o sintomi simili.
Quando è presente l’Agorafobia, si può arrivare ad evitare le situazioni che potrebbero provocare lo stato ansioso come lo stare soli, sia in casa che fuori, trovarsi in luoghi affollati, prendere ascensori, viaggiare in auto, in treno o in aereo.
Se proprio non sono evitate, queste situazioni generano un forte malessere che può essere affrontato se ci si trova in compagnia di qualcuno che potrebbe fornire aiuto in caso di attacco di panico.
Secondo la gravità e la durata dei sintomi, la psicoterapia può essere integrata con la terapia farmacologica.
I farmaci più frequentemente prescritti nella pratica clinica sono quelli ansiolitici (benzodiazepine).
A volte, nei casi più complessi, quando il disturbo si associa all’isolamento e alla demoralizzazione, sono prescritti dal medico anche dei farmaci antidepressivi.
L’uso dei farmaci, se da un lato può essere necessario per il superamento della fase acuta, dall’altro va considerato come un rimedio momentaneo, la cui durata va stabilita dal medico, in base alle necessità.
Associare alla terapia farmacologica un intervento psicologico permette di ridare significato all’esperienza emotiva anche oltre i sintomi somatici.
Ciò è possibile grazie alla ricostruzione delle situazioni specifiche che generano lo stato di allerta e alla comprensione degli effetti emotivi che quelle situazioni generano nell’individuo.