ATTENZIONE ALLA CYBERCONDRIA: QUANDO INTERNET DIVENTA IL TUO MEDICO
L’accesso libero alla rete internet se, da una parte, permette una più facile diffusione della conoscenza e garantisce la libertà di informazione, dall’altra, soprattutto se usato in maniera approssimativa, può diventare uno strumento pericoloso per alcuni.
È quanto avviene nell’ambito dell’informazione sulla salute fisica (ma anche mentale) ed è il caso di coloro che, già preoccupati per il proprio stato di salute, si dilungano nella ricerca di informazioni su sintomi e malattie.
Il termine cybercondria è stato coniato per la prima volta negli anni novanta. È l’insieme di due parole “cyber” (prefisso che riguarda ogni cosa che rimandi ad internet e al mondo virtuale) e “ipocondria” (termine psichiatrico per indicare una forma accentuata di preoccupazione per il proprio stato di salute, attualmente classificato nel Manuale Statistico Diagnostico delle malattie mentali, DSM-5, come “disturbo d’ansia per le malattie”).
Da un recente studio emerge che la cybercondria è una condizione che può svilupparsi molto facilmente; circa 8 americani su 10 hanno dichiarato infatti di cercare su internet le informazioni mediche, evitando anche di consultare un vero e proprio medico (Fergus, 2013, 735). La ricerca libera e senza filtri d’informazioni su internet può facilmente accrescere le ansie di chi cerca delle spiegazioni, senza che questo sia necessariamente una persona affetta da ipocondria.La rete, infatti, a differenza dei libri di medicina, contiene una quantità di informazioni pressoché infinita, grazie alla possibilità di accedere continuamente a nuove pagine e nuovi link che trattano dello stesso argomento.
Figuriamoci quindi se a cercare è qualcuno che ha già una particolare fragilità emotiva e un’accentuata tendenza alla preoccupazione per la malattia. Sappiamo inoltre, che il ranking (classifica) delle pagine che appaiono per ogni termine di ricerca, sale quanto più quelle pagine sono cliccate dagli utenti. Poiché le persone che cercano informazioni sui vari sintomi fisici di malattia sono spesso quelle maggiormente preoccupate per il proprio stato di salute, è facile capire come, alle prime posizioni nella lista dei risultati di ricerca, appariranno informazioni che riguardano condizioni gravi di malattia.
Se per esempio cerchiamo su internet i termini “macchia scura sulla pelle”, scopriremo che, tra le prime pagine segnalate dai motori di ricerca, ci sono quelle che trattano di melanoma (tumore maligno) o mastocitosi (accumulo di mastociti, che nella forma più grave può portare a leucemia o a sindrome mielodisplasica). È ovvio che, com’è giusto aspettarsi, tra i primi risultati per questa ricerca compariranno anche diverse pagine che trattano dei nei, dei banali, comunissimi nei.
La questione però è che, quando una persona si approccia alla vastità d’informazioni accessibili su internet, in preda ad una preoccupazione profonda per il proprio stato di salute, ciò da cui sarà colpita, subito e molto profondamente, saranno quelle parole che rimandano a malattie gravissime, incurabili, spaventosamente reali.
Ecco così che il ranking per le malattie gravi sale e che le persone tendenzialmente portate alla preoccupazione per la malattia (del corpo ma anche della mente) trovano pane per i loro denti e finiscono per essere letteralmente “intrappolate nella rete”.
I ricercatori Ryen W. White e Eric Horvitz (2008) della Microsoft Research hanno condotto un’intervista su 515 persone, raccogliendo informazioni sulle loro abitudini di ricerca su internet nell’ambito della salute.
I ricercatori evidenziano una certa tendenza, nei soggetti intervistati, di iniziare la ricerca con dei sintomi anche banali e di finire, attraverso un’escalation di informazioni sempre più specifiche, a ricercare informazioni su condizioni di malattia sempre più gravi.
Lo studio sottolinea inoltre come la relazione tra ricerca di informazioni e preoccupazione per la propria salute sia di tipo ciclico, cioè l’accentuata ansia delle persone, dovuta alla preoccupazione per la malattia, diventa il motore che alimenta il controllo dei sintomi e la richiesta di ulteriori esami di laboratorio e visite mediche (dinamica tipica dell’ipocondria). In questo modo il disagio per la propria condizione di malattia e per i continui controlli medici può influire direttamente, in modo negativo sulla vita di tutti i giorni.
In un altro studio Fergus (2013) rileva che gli individui con un elevato grado di “intolleranza all’incertezza” (che quindi rispondono SI a domande del tipo: “Voglio sempre sapere che cosa il futuro ha in serbo per me”) hanno un livello più elevato di ansia e sono più tendenzialmente inclini a sviluppare un disturbo da cybercondria.
Il consiglio non può essere più semplice: contro ogni tentazione di ricercare su internet informazioni che riguardano la propria salute fisica o psichica, è sempre meglio scegliere un buon dottore e fidarsi solo di lui!
- AA.VV. (2013) 5° Edizione. DSM-5 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. American Psychiatric Publishing.
- Ryen White and Eric Horvitz (2008). Cyberchondria: Studies of the Escalation of Medical Concerns in Web Search. Microsoft Research Publications, pp. 1-33.
- Fergus, T. A. (2013). Cyberchondria and intolerance of uncertainty: Examining when individuals experience health anxiety in response to Internet searches for medical information. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 16, 735-739.
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