Le emozioni sono una parte essenziale della nostra vita.
Nel Macbeth di Shakespeare, un nobile rimprovera un messaggero pieno di paura, dicendogli “Dai voce al dolore: il dolore che non parla sussurra al cuore oppresso e lo porta a spezzarsi”. Sembra infatti essere una cosa saggia quella di “dar voce” al dolore quando si è alle prese con delle emozioni negative, in modo tale che queste possano avere un impatto più lieve.
Ogni individuo, alle prese con la propria esperienza emotiva, mette in atto delle strategie per regolare lo stato di attivazione che essa comporta in virtù dei propri bisogni e delle convenzioni sociali del contesto in cui è immerso.
Possiamo agire, infatti, sulle nostre emozioni in modo tale da intensificare, negare, o addirittura alterare l’effetto che un certo evento può avere su di noi.
La regolazione emotiva si riferisce ad una serie di strategie che gli individui applicano all’esperienza emotiva e che possono influenzare i vari aspetti dell’emozione, dal suo generarsi al suo mantenimento, alla sua espressione e all’esperienza soggettiva globale che ne deriva.
Ad esempio possiamo agire sulle emozioni scegliendo di evitare situazioni che ci provocano disagio, come andare ad una festa dove non conosciamo nessuno (scelta della situazione) oppure possiamo, di fronte a una difficoltà, provare a pensare agli aspetti positivi di quell’esperienza (re-appraisal cognitivo). Ancora, possiamo decidere di andare comunque alla festa con persone che non conosciamo, anche se sappiamo che ci sentiremo in imbarazzo ma possiamo scegliere di farci accompagnare da un buon amico che ci faccia sentire più al sicuro (modificazione della situazione) oppure possiamo, tornati a casa, evitare i sentimenti d’incapacità personale distraendoci con la televisione (distrazione).
Queste sono alcune strategie che tutti, quotidianamente, utilizziamo per ridurre l’impatto emotivo che alcune situazioni hanno su di noi.
In generale questi processi cognitivi di regolazione hanno lo scopo di allontanare le emozioni negative e produrre uno stato di maggiore piacere.
La mindfulness agisce in modo diverso e si distingue dai processi di regolazione che tendono a una ricerca del piacere e a un allontanamento dalla sofferenza. Essa è un atto intenzionale che ci porta a contatto con ciò che c’è, sia esso piacevole o spiacevole.
La consapevolezza della mindfulness è non-elaborativa, non giudicante e l’atteggiamento è quello della curiosità e dell’accettazione
L’atteggiamento tipico indicato nelle pratiche di mindfulness, nell’ottica della tradizione buddista, di non forzare un cambiamento dell’esperienza in corso ma di accettarla così com’è, ci permette infatti di non mettere in atto atteggiamenti di evitamento cognitivo o comportamentale, come avviene con la scelta e la modificazione della situazione, la distrazione, il reappraisal, etc..
A questo proposito Grecucci e collaboratori in una rassegna del 2015, evidenziano che uno degli elementi fondamentali della mindfulness è quello di regolare l’emotività attraverso un atteggiamento di defusione e de-centramento dall’esperienza.
Secondo Gross, “partecipando a una serie più ampia di esperienze di momento in momento, i partecipanti imparano a ri-percepire il mondo . Il ri- percepire si riferisce alla sviluppata capacità di disimpegnarsi dal dramma della nostra esperienza personale e partecipare a nuove sensazioni e interpretazioni.”
L’unicità delle pratiche di mindfulness, rispetto alle altre strategie di regolazione emotiva sembra essere rappresentata proprio dall’indicazione di riportare l’attenzione alle esperienze sensoriali del corpo, promuovendo l’attivazione di aree cerebrali che rappresentano la condizione fisiologica del corpo e il nostro sentimento di esso (insula e corteccia somatosensoriale).
La maggior parte delle pratiche del protocollo MBSR prevede, infatti, che i soggetti mantengano un’attenzione sostenuta alle sensazioni fisiche della respirazione e del corpo in generale. Ciò permette di favorire, tra le altre cose, una comprensione della natura transitoria dei fenomeni dell’esperienza umana.
L’attenzione è nel qui ed ora, nell’esperienza stessa di essere presenti a sé , accettando ciò che c’è per ciò che è.
L’attenzione sostenuta, richiesta nelle pratiche di mindfulness, è diretta verso il processo dell’esperienza (sensazioni, emozioni, pensieri), piuttosto che verso il suo contenuto narrativo e interpretativo.
Nella mindfulness l’attenzione è rivolta all’interno ma non nella modalità di rielaborazione e ritrattazione dei pensieri, piuttosto essa viene ancorata internamente alla rappresentazione delle componenti viscerali dell’emozione.
Essa, infatti, non si impegna nel cambiare il pensiero e l’interpretazione rispetto allo stimolo emotivo ma si occupa di modificare il modo stesso in cui ci poniamo verso la percezione dell’emozione.
Questa abilità di ancorarsi alla consapevolezza dei propri segnali corporei può avere la funzione di interrompere il flusso automatico di pensieri messi in atto per far fronte alle perturbazioni emotive, promuovendo una strategia di regolazione delle emozioni più sana e adattiva.
“Date voce al dolore”, quindi, ma non restatene ingabbiati, ricordandovi di tornare a prestare attenzione, con gentilezza, al vostro respiro.
Bibliografia
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Gross James J. (2015). Handbook of Emotion Regulation. Guilford Publications
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Segal Z, Williams J.M., Teasdale JD Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero (2014) Bollati Boringhieri Edizioni
Shakespeare W. Macbeth. Testo originale a fronte. Edizione Feltrinelli; Nov 2008
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